…a parte le solite. La retorica di guerra che caratterizza la questione corona virus rende la realtà confusa, edulcorata, pericolosa.
La guerra è una situazione nella quale le persone cercano di farsi del male a vicenda, tendenzialmente uccidersi. Le guerre sono mosse da interessi economici, questioni di potere, disparità e ingiustizie sociali.
Questa del covid-19 è una questione al contrario di salute, dove le persone cercano di stare meglio, di non ammalarsi, di non morire, di guarire. Sembra una banalità da dirsi, ma non lo è.
La retorica di guerra favorisce la ricerca di un nemico, ma un virus è al limite un nemico invisibile, difficile prendersela con lui, possiamo però trovare dei validi sostituti in chi ci sta attorno, possiamo più facilmente prendercela con i cinesi, i lombardi. I tedeschi possono prendesela con gli italiani, i russi con gli americani e quest’ultimi di nuovo coi cinesi, per chiudere il cerchio. Allungate la catena come preferite. Possiamo prendercela con i malati, con i portatori sani, con chi fa le passeggiate, con altri corpi insomma, che aiutino a dare una forma umanoide al problema.
Però continua a non esserci una guerra, anche se a Bergamo i militari portano via i cadaveri. I medici e il personale sanitario non dovrebbero essere la nostra trincea in prima linea, perchè i luoghi di cura dovrebbero essere tali, e non caotiche trincee dove si ingaggia un’estenuante lotta per la vita o la morte. Se così è, è per le nostre carenze strutturali, per i problemi non nuovi e ben noti della nostra sanità, molto più evidenti in un periodo emergenziale.
Perchè di questo si tratta, non di ricacciare oltre il Piave lo straniero, ma di gestire una pandemia, come la peste, come il colera, come la febbre spagnola, ecc…
E’ importante usare i termini giusti, perchè non ci salverà la retorica nazionalista, lo stringersi intorno alla bandiera e al nostro musicalmente imbarazzante inno di Mameli. Se avessero scelto quando ne avevano la possibilità “va pensiero” di Verdi, almeno ci saremmo evitati quella fanfara.
I virus non si sconfiggono come i nemici in guerra. Non funziona così. Non si annientano, si impara a gestirli, perchè non siano mortali: questo sta accadendo, non la guerra. Il che non significa sminuire l’emergenza sanitaria, al contrario vuol dire metterla in risalto, riportando il lessico, la prassi, la questione su ciò che è, su quanto è necessario fare, non su facili e pericolose metafore.
Perchè la guerra allora ? Perchè è comodo, la finanza guarda al virus come a un’economia di guerra, e prepara il dopo virus, la lunga recessione, la povertà, l’austerity, lacrime e sangue. E’ estremamente comodo che sia una guerra.
Perchè in guerra non c’è spazio per la critica: credere, obbedire, combattere.
“Tutti dovremo fare dei sacrifici”, certo c’e’ chi li farà dalla villa con piscina, e chi moroso e disoccupato dalla casa popolare fatiscente, ma d’altra parte c’è stata una guerra, con tanto di morti e eroiche gesta, dobbiamo stringere i denti.
“Il virus ha costretto lo Stato a spese pazze, ha dovuto spendere più di quanto avrebbe potuto”, per colpa nostra che ci siamo ammalati, e d’altra parte “già prima vivevamo, come è noto, al di sopra delle nostre possibilità”. “Ci siamo indebitati fino al collo, ora dobbiamo saldare i conti, tornare affidabili, riportare i mercati a credere in noi, attirare investimenti.”
Le abbiamo già sentite tutte, le abbiamo già vissute tutte.
“La guerra è finita, abbiamo vinto”. Siamo sicuri che prima o poi, speriamo prima, tutti i giornali avranno un titolo come questo e le persone scenderanno in piazza, come quando l’italia vince ai mondiali di calcio. Bene, sarà un bel momento, che durerà per l’appunto un attimo. Allora sapremo anche di essere tornati alla guerra di prima, la solita, ma in condizioni inedite e pessime. Il peggio sarà dopo insomma, il che la dice lunga, visto che già ora la situazione è piuttosto ansiogena. Il covid-19 ha fatto esplodere le contraddizioni del nostro sistema economico e sociale, ma le inversioni di rotta sono di solito difficili, traumatiche, laceranti e non automatiche. La tenuta delle reti di mutuo appoggio, solidarietà e mobilitazione verrà messa alla prova.
Non possiamo però stare immobili aspettando il dopo, in qualche modo dobbiamo cercare di far funzionare le nostre strutture anche in questa situazione, per non arrivare troppo impreparati e in affanno. Per questo motivo abbiamo cercato di continuare a parlare dalle regie casalinghe improvvisate di Radio wombat, per questo motivo riprenderemo a utilizzare con regolarità la newsletter e il sito dell’Emerson, e cercheremo di oliare e tenere attive e ampliare la nostra reti di contatti.
Questa settimana il gruppo della palestra dell’Emerson si riorganizzerà con un programma di dirette, presto news su questo sito.
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E’ una fredda primavera, ma non si può andare in letargo ora.