Negli scorsi mesi è stato adottato il nuovo Piano Operativo, la versione condensata del vecchio Piano Strutturale e Regolamento Urbanistico. Questo piano a livello comunale rappresenta un momento di notevole tumulto in cui vengono delineate gran parte delle direzioni future per lo sviluppo urbanistico del territorio fiorentino nei prossimi cinque anni. In questa occasione, molte realtà cittadine di tutti i quartieri fiorentini hanno manifestato la loro contrarietà, riunendosi in presidi, protestando e producendo le osservazioni come risposta critica ai diversi interventi.
Dentro il Piano Operativo spiccano la programmazione di nuovi studentati di lusso, nuovi centri commerciali dall’inutilità garantita, l’allargamento e insediamento di nuove sedi militari, edilizia privata e una risibile progettazione di spazi pubblici e della tanto proclamata mobilità green.
Le periferie del capoluogo e di conseguenza i comuni dell’ area metropolitana fiorentina diventano terreno per future speculazioni edilizie e facili lavaggi di coscienza delle amministrazioni. Queste periferie, costituendo una vasta area, attraggono l’attenzione di potenziali investitori. L’obiettivo sembra essere quello di trasformare anche queste zone in destinazioni turistiche e commerciali, rendendole così allettanti per future manovre immobiliari.
In questo contesto il quartiere 5 è tra le zone che vedrà i cambiamenti più significativi: la visione prospettata per queste aree sacrifica ogni residuo di spazio accessibile e collettivo, adatto alle esigenze dei cittadini, a vantaggio di interessi commerciali dei grandi privati investitori.
Ma come avviene questo processo?
Sfruttando le situazioni di emergenza esistenti come deterrente, nonostante sia stata l’amministrazione stessa a contribuire in più occasioni a creare tali condizioni. Viene evidenziata la necessità di ripristinare il “decoro urbano” e la sicurezza nelle strade. Viene enfatizzata la necessità di tutelare gli immobili esistenti (ma abbandonanti) da possibili occupazioni abusive.
Tuttavia, in questo processo di “ripulitura”, si perde di vista il motivo per cui a Firenze esistono numerosi edifici abbandonati da decenni. Queste situazioni sono il risultato di speculazioni, fallimenti finanziari, sperpero di risorse pubbliche.
L’abbandono degli edifici è spesso il risultato di piani urbanistici focalizzati al profitto di pochi individui, e proprio a causa di questa natura orientata al profitto, tali stabili sono condannati a una prospettiva di colpevole abbandono, a cui segue l’oblio, fino ai lucrosi progetti di riqualificazione.
E così quest’estate abbiamo visto demolire l’edificio in viale Corsica, che per più di dieci anni ha rappresentato un luogo di incontro di persone, di scambi culturali e una casa per coloro che non si potevano permettere un affitto. Sorprende il fatto che su quest’area sia presente una convenzione urbanistica del 2001, secondo la quale il proprietario dell’immobile si era impegnato a cedere come opere di urbanizzazione un asilo nido di circa 384 metri quadrati, ristrutturando l’edificio. La demolizione, giustificata per motivi di “ordine pubblico,” ha creato un vuoto, riempito dal niente, e sembra che i servizi collettivi precedentemente promessi siano ormai solo un lontano ricordo. Come da copione.
Lo sgombero dello studentato autogestito rappresenta un altro esempio di questo modus operandi. Si trattava di uno stabile abbandonato di proprietà dell’ASL, al centro di uno scandalo edilizio. Lo studentato autogestito era un luogo nato per garantire l’accesso all’istruzione a persone che non potevano sostenere i crescenti costi della vita a Firenze, inclusi coloro che erano stati esclusi dalle borse di studio a causa della sempre più limitata disponibilità di finanziamenti, prodotto dai tagli nei settori reputati meno produttivi, come l’istruzione. L’eliminazione di questi spazi, l’aumento delle tasse universitarie, la costruzione di nuovi studentati di lusso, costituiscono una minaccia per la cultura e per il diritto allo studio.
Nelle scorse settimane, in risposta alla chiusura del circolo del Romito, un’edificio di proprietà pubblica, si è verificata un’altra occupazione, a cui hanno partecipato molte persone, ricevendo un forte sostegno dalla comunità del quartiere. E’ stata l’espressione del bisogno reale di spazi di socialità alla portata di tutt3, e fuori dalle logiche del profitto. Nonostante questo, l’amministrazione ha comunque deciso di sgomberare con modalità decisamente aggressive e di non ascoltare le esigenze delle persone che subiscono ogni giorno le problematiche del quartiere 5.
Gli sgomberi dei tanti palazzi occupati da famiglie, che hanno segnato l’ultimo anno, confermano la volontà spietata di ripristinare il “decoro urbano” a favore di un sistema che alimenta in modo incontrollato la povertà, che amplifica la disuguaglianza.
Firenze è caratterizzata dalla presenza di numerosi edifici di dimensioni considerevoli che rimangono abbandonati in attesa dell’acquirente più ricco, quando invece potrebbero essere riutilizzati a vantaggio delle persone in difficoltà economica o trasformati in luoghi di aggregazione e spazi pubblici. L’edificio in viale Gramsci, occupato poche settimane fa e sgomberato, è una palazzina vastissima di 4 piani. Un esempio della disponibilità di luoghi in tutta la città che potrebbero essere messi a disposizione per scopi sociali e collettivi.
Infine, è di questi giorni una nuova occupazione nel quartiere di Rifredi. L’edificio in questione è di proprietà dell’INAIL ed è rimasto inutilizzato per decine di anni. Si tratta di uno dei pochi casolari, circondati dal verde, rimasti intatti alle porte dell’area Careggi-Morgagni. Questa iniziativa è conferma di una viva e costante spinta dal basso alla riappropriazione e alla riqualificazione reale della città, nonostante l’opposizione sorda e spesso brutale dell’amministrazione.
In questo contesto urbano, travolto negli ultimi trent’anni da una marea di speculazione e cemento, esprimiamo la nostra solidarietà con le realtà e le iniziative che producono percorsi concreti per lo sviluppo di spazi comuni, liberi e autogestiti.